La mattina del 16 dicembre siamo partiti per Roma e non immaginavo cosa mi sarebbe successo in quei due giorni. Ero già abbastanza intimorita ed emozionata perchè ero l’unico lupetto del mio gruppo di Torre che aveva avuto la fortuna di andare in udienza dal Papa. “E’ un’occasione da non perdere” mi ripetevano tutti quanti.
Ma quando durante il viaggio i capi sono venuti a dirmi che toccava a me portare la Luce di Betlemme al Papa, vi assicuro che in quel momento con il cuore che mi batteva forte avrei voluto riprenderemi il mio zaino e correre verso casa. Ho cominciato a chiedermi: Ma perchè proprio io? – Qualcuno diceva che forse era per il mio nome, Benedetta, ma in verità il perchè non l’ho ancora capito, so solo che proprio io ho avuto la fortuna di avvicinarmi al Papa, un avvenimento che non capita a tutti neanche una volta nella vita.
Questa notizia mi aveva sconvolto, ero contenta ma anche impaurita. “Cosa dovevo fare? Io da sola? E se mi cadeva la lampada? E se inciapavo? E il Papa come sarebbe stato? Cosa dovevo dire?” Caspita! – pensavo – l’ho sempre visto in televisione o sul giornale e questa volta sarei stata vicino a lui. E quanti amici miei avrebbero tanto voluto essere al posto mio e mi dispiaceva per loro. Oddio che mal di pancia avevo con tutti questi pensieri, però pensavo anche che mi stava capitando qualcosa di grande. E grazie ad Akela, Debora, che mi è stata vicino, mi sono tranquillizata.
Quando la mattina dopo siamo partiti col pullman per andare alla sala Nervi, avevo ricominciato ad agitarmi. Ero contenta perchè un’altro bambino veniva con me, e invece poi al posto suo è venuto un capo scout anziano di un’altra associazione. Siamo diventati amici e mi rassicurava dicendomi che gli scout sono coraggiosi. L’aula Nervi era piena di gente e noi eravamo seduti nelle poltrone davanti e aspettavamo il nostro turno per portare la lampada. Quando arrivò il nostro momento ero talmente
concentrata a seguire a ritmo i passi del mio amico che per un po’ non sentivo più l’agitazione. Mi sembrava quasi di non essere io a vivere qual momento. Era come se quello che stavo vivendo non fosse neanche vero. Portavo al Papa la Luce della Pace e rappresentavo tutti gli scout che erano là presenti! Le gambe mi tremavano ma soprattutto le mani, che erano anche sudate e stringevano forte il lume. Quando ci siamo avvicinati al Papa, lo scout più anziano ha spiegato il significato di quel gesto e io ho consegnato la luce non al Papa, che non ce la faceva, ma al suo assistente. Che strano effetto! Ero di fronte al Papa, che è un po’ come Gesù, come davanti ad una persona familiare e lui ci ha allungato la mano e noi l’abbiamo baciata. Poi mi ha guardato e mi ha detto qualcosa, che purtroppo non ho proprio capito e con la sua mano ha toccato la mia testa. Il Papa mi aveva benedetta.
Questa volta ero benedetta non solo per il mio nome. L’agitazione stava passando, avevo nel cuore una grande emozione ed ero anche un po’ confusa e stordita. E poi i miei amici erano tutti pronti a scherzare toccandomi la testa! Qualcuno sperava che fossi diventata santa o almeno più buona (per esempio la mia mamma!), ma in realtà io sono la stessa di prima, solo che ho avuto la fortuna di avvicinarmi al Santo Padre a nome di tutti gli scout.
Per questo grazie a tutti.
Benedetta B. Lupetta Torre Pd2
Dell’udienza del 17 dicembre abbiamo anche un ricordo video:
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